Nell'ambito delle malattie psichiatriche, ed in particolare in quelle che vengono definite nevrosi (depressivo- ansiose, fobiche, ossessive, con crisi di panico, con somatizzazioni, ecc.), si contrappongono due grandi Scuole: la prima è quella ad indirizzo biologico che, dopo il fallimento delle ricerche ottocentesche, volte a trovare la lesione anatomica cerebrale causante i disturbi funzionali e comportamentali, tenta oggi di definirne l'alterazione biochimica neurotrasmettitoriale che spiegherebbe la sintomatologia del paziente. Tale indirizzo afferma che la malattia psichica è una malattia del cervello ed, in tal senso, va indagata e curata. 

Di conseguenza, negli ultimi decenni, si è sviluppata una ricerca affannosa del farmaco che, fornendo il metabolita mancante o ripristinando il processo neurotrasmettitoriale bloccato, potesse riportare il soggetto allo stato di normalità biochimica e, quindi, anche clinica.Sono stati così sperimentati numerosissimi farmaci i quali appartengono a pochi gruppi farmacologici ben definiti e con indicazioni cliniche abbastanza chiare. Tali psicofarmaci, pur permettendo spesso dei buoni risultati terapeutici, presentano due grossi inconvenienti.

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